22) Il ventiduesimo Archetipo: TAW funzione REAGENTE

Il video su Youtube è nel seguente link: 
 

Taw funzione reagente ESCAPE='HTML'
Archetipo Taw funzione reagente ESCAPE='HTML'

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Il seguente lavoro è nella prima parte una ricerca tratta da vari testi e autori, con l'aggiunta di ampie riflessioni personali. La parte finale è, come sempre, dedicata alle parole dei Maestri di Shamballah, che chiarificano e completano l'intera opera.

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Siamo approdati all'ultimo Archetipo della nostra ricerca che, oltre a donarci la chiarificazione dello stesso, ci porterà a una visione completa dell'intera ruota di queste straordinarie Matrici Viventi.

La Taw, chiamata anche Tav o Tau, è il vettore che permette di reagire a ogni altra forma/funzione: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Rappresenta l'opposizione, la durezza, la tenacia, la tenuta, il rifiuto, la fermezza, una barriera, la rivolta.

Reagire proviene dal latino (re-agere) che significa fare operare contro, dietro, al contrario.

Per iniziare a comprendere questo Archetipo è necessario introdurre il concetto di “forza del vincolo”, che Pincherle ci propone attraverso l'esempio di un gioco, il tiro alla fune: degli individui che legassero una fune a un albero e tirassero dal lato opposto, produrrebbero una resistenza, da parte della pianta, dovuta alla “reazione del vincolo”.

Taw e tiro alla fune ESCAPE='HTML'

A ogni azione corrisponde sempre una forza del vincolo, una reazione uguale e contraria, che determina una terza forma risultante da questa interazione.

Un altro esempio: anche se avessimo una tavola imbandita con ogni nostro possibile desiderio, la capienza del nostro stomaco rappresenterebbe la nostra forza del vincolo che ci indurrebbe a lasciare in tavola tutte le pietanze eccedenti. Questa forza risultante è pari e contraria a quella della resistenza, del vincolo; sono strettamente legate una all'altra, interdipendenti.

 

Un arciere, per fare un altro esempio, per scoccare la freccia, dovrà imprimere alla corda dell'arco una forza contraria alle sue intenzioni; sarà una forza di resistenza e la porterà al massimo livello possibile per permettere alla freccia, una volta rilasciata, di scoccare in avanti.

Taw e arciere ESCAPE='HTML'

Potremmo fare mille esempi di tal genere, ma è importante comprendere che la forza del vincolo costituisce la forma massima raggiungibile da qualsiasi altra forma, compresi gli Archetipi stessi, nella loro totalità.

Vincolo significa “cosa legata” ed è quindi la materia stessa, o meglio, la sua espressione NON MANIFESTA, a legare le cose le une alle altre.

Quando noi affermiamo che a ogni azione corrisponde un'azione uguale e contraria stiamo, di fatto, esprimendo due realtà parallele, che convivono dal momento stesso della loro nascita, e che si esprimono una in modo manifesto e l'altra in modo opposto e non visibile.

Se vogliamo bere dell'acqua, per capirci meglio, sappiamo che dobbiamo dargli una forma capace di contenerla, il bicchiere, che, con i suoi stessi limiti, permetterà al liquido di versarsi, ma solo fino alla sua capienza massima.

Questa capienza non è visibile, perché il bicchiere è vuoto, ma noi sappiamo esserci: la vediamo e non la vediamo al medesimo tempo; la deduciamo.

Bicchiere d'acqua ESCAPE='HTML'

Il vuoto non lo vediamo, eppure nessuno di noi potrebbe dire che in quel bicchiere il vuoto non esista: esso non è visibile se non grazie a una forma che lo possa far dedurre.

E' l'esistere e il non esistere nello stesso tempo, senza confini e con tutti, nel medesimo tempo.

 

Socrate parlando ai suoi discepoli affermava: - Gli Archetipi sono 21, ma tutti si riportano a un ventiduesimo segno, la Tav, che li comprende tutti- ; perché siamo arrivati alla fine del percorso e la resistenza prodotta dalla Tav ci riporta a un nuovo inizio, come bene insegna l'ouroboros; un nuovo inizio dove, tuttavia, il viaggio appena concluso ha prodotto un uomo differente, un rinato, con strumenti, abilità e conoscenze che prima non possedeva e non poteva nemmeno immaginare.

Possiamo quindi affermare che la Tav, considerando gli Archetipi, è quel vuoto invisibile esistito fin dall'inizio del percorso iniziato con l'Aleph, sempre presente e reso deducibile solo dalla nostra osservazione.

La coscienza prima sapeva di essere, ma non sapeva chi fosse, alla fine c'è stato un percorso di acquisizione di consapevolezza che ha portato tutto a essere unito come prima, ma con una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé.

Un mito che mette in evidenza la Tav e la “forza del vincolo” è quello dei gemelli Castore e Polluce, nella versione narrata dal poeta Pindaro: i due avevano la medesima madre, Leda, ma padre diverso.

Costellazione Castore e Polluce: segno gemelli ESCAPE='HTML'

Castore aveva il padre mortale, mentre Polluce immortale.

Durante uno scontro in battaglia Castore perisce e Polluce, disperato, chiede a Zeus, suo padre, di rendere mortale anche lui.

Il dio lo accontenta, ma solo in parte e concede ai fratelli di vivere e morire un giorno a testa, trasformandoli in astri e dando vita al segno dei Gemelli: infatti, in tale costellazione, una delle stelle scompare sotto l'orizzonte quando appare l'altra.

Nessuno dei due mitici eroi può esistere senza l'altro, perennemente insieme, sebbene uno celato e l'altro visibile; così come il nostro Archetipo ci racconta di questa forza invisibile, sempre presente, a cui il visibile è vincolato dal suo principio.

Un altro mito associabile a questo Archetipo è quello di Prometeo, il cui significato è "colui che riflette prima", che aveva un gemello, Epimeteo, "colui che riflette dopo".

 

Il simbolo più famoso della Tav è la croce, dove la parte orrizzontale corrisponde al principio passivo, al mondo della manifestazione, al femminile; quello verticale al principio attivo, al mondo della trascendenza, allo Spirito.

La croce che veramente esprime la Tav, tuttavia, non è quella che vediamo nelle chiese e nei crocifissi, ma quella francescana, dove l'asse verticale, lo Spirito, è completamente affondato in quello verticale, la materia, così come Gesù è stato in grado di spiritualizzare completamente il proprio contenitore materiale, il suo corpo. Le croci in cui l'asse verticale non sia completamente sprofondato, simboleggiano una penetrazione spirituale solo parziale.

Croce francescana e croce usuale ESCAPE='HTML'

La lettera dell'alfabeto che rappresenta la Tav è la T e la ritroviamo con sottili e svariate differenze nel corso della storia e dei popoli, ma in tutte abbiamo i due segni, orizzontale e verticale, incrociati fra loro.

Lettera T ESCAPE='HTML'

E' la diciannovesima lettera dell’alfabeto latino. Nell'alfabeto fenicio aveva la forma di una croce di S. Andrea, in quello etrusco il tratto superiore è inclinato verso destra o sinistra.

Nell'alfabeto greco ci sono due segni: il tau e il theta e in quello latino il T, che fa parte anche del nostro alfabeto.

Veniva chiamata la “chiave del Nilo” e tenuta in mano dagli dei egizi che ne conoscevano il valore di volta per la comprensione totale dell'esistenza.

Per quanto riguarda gli egizi è interessante conoscere la parola

MUTEF

rappresentante l'intera creazione.

La prima parte, la MU, rappresentava il principio femminile, la seconda EF, il principio maschile. La T centrale fungeva da “ago della bilancia”, quando era associata alla MU, significava il movimento del femminile e la retrazione del maschile che ne veniva privato.

Al contrario, quando veniva associata alla Tef.

MUTEF Egitto ESCAPE='HTML'

In questa semplice parola, grazie all'usilio della T che rappresentava il fulcro dell'asse, riassumevano i movimenti duali necessari alla vita.

In alcuni resti femminili dell'età neolitica sono stati trovati, nei crani, cicatrici a forma di T, a cui gli studiosi hanno attribuito significati religiosi e magici.

Viene attribuito a tale lettera il significato di MARCHIO.

Nella Bibbia, secondo alcuni studiosi, rappresenterebbe il segno con il quale l'Angelo dell'Apocalisse avrebbe marcato la fronte dei predestinati.

 

In numerologia la Tav è rappresentata innanzitutto dal numero 22.

Numero 22 ESCAPE='HTML'

E' il secondo numero maestro; manifesta la più alta vibrazione del 4, esaltandone e accrescendone le qualità: mentre il numero 4 si esprime nei livelli soggettivi, il 22 agisce in quelli universali.

I numeri maestri, come lo sono anche l'undici e il trentatrè, rappresentano il raggiungimento di un traguardo di consapevolezza, un limite ultimo; possiamo paragonarli al raggiungimento di una laurea.

Notiamo subito trattarsi di un numero palindromo e lo è anche il suo quadrato, quindi è stabile in entrambe le direzioni; non esprime alcuna diversità.

E' il quarto numero pentagonale ed ettagonale centrato.

E' il numero atomico del titanio, metallo che ben rappresenta la forza raggiunta dall'individuo che è asceso a questo Archetipo; il suo punto di fusione è elevatissimo, 3,287° Celsius e possiede un punto di ebollizione ancora più elevato, 3,560° Kelvin; è uno degli elementi più resistenti della tavola periodica, indispensabile alla costruzione di attrezzatura che debba rimanere forte quando esposta ad alte temperature.

E un elemento refrattario tra i più ambiti, quindi RESISTENTE, ed ecco che individuiamo il nostro Archetipo.

Non possiamo non menzionare i Titani, gli dei più antichi della mitologia, generati da Urano (Cielo) e Gea (Terra), le forze primordiali del cosmo, prima dell'intervento regolatore degli altri dei e, come vedremo, proseguendo la nostra ricerca, questo “caos” ben rappresenta il nostro Archetipo.

La mia amica Sonia Scarola ha scritto, riguardo al livello raggiunto col numero 22 e rappresentato mirabilmente dal titanio:

“Il fuoco attacca solo ciò che non è puro; a infiammarsi sono le scorie, mentre l'oro rimane se stesso anche nell'incendio più furioso. Colui che ha trasceso le apparenze, non viene toccato dal fuoco, che non può più nulla contro di lui, perché egli ha già consegnato alle fiamme, quanto c'era da bruciare e di lui è rimasta soltanto la parte pura, eterna e immutabile."

 

Il 22 rappresenta la genialità pratica, la creatività, l'innovazione, la competenza, la capacità di realizzare imprese durevoli; è un dominatore.

Viene chiamato il numero del Creatore, incarna la Verità e la perfezione, non osservati da un punto di vista duale.

E' il numero che caratterizza i geni, le persone competenti, forti, autorevoli, illuminate, decise e costruttive, con la capacità di infondere nei problemi pratici una coscienza molto sviluppata, grazie a una visione delle cose priva di ego.

Tutto ciò che viene piantato con questo numero è destinato a germogliare, indipendentemente dalle circostanze, grazie alla fede priva di tentennamenti dell'uomo che lo incarna; non si tratta di fede senza ragione, poichè è supportata dal lungo percorso spirituale che lo ha condotto, dopo l'unione con il proprio principio opposto, a una stabilità di coppia, quindi all'integrità del proprio Essere, che è ormai svelato ai suoi occhi: è un Maestro che ha accolto pienamente la propria luce e la propria oscurità, facendone un'unica cosa.

Il Maestro 22, ormai, percepisce il mondo come proiezioni di parti di sé, riconoscendosi come Osservatore. Non sfugge alle proiezioni che ha davanti, ma le sfrutta per dirigerle secondo i propri voleri, che tuttavia sono permeati dalla Volontà universale, di cui egli stesso è consapevole essere parte.

Nel sistema tibetano il 22 ha a che fare con la Legge Cosmica, possiamo definirlo il numero della rettifica della dualità: tutto ciò che è stato duale, ma nascosto, diventa visibile, determinando una completa visione delle cose e creando quindi l'integrità del Tutto.

Se, per esempio, un individuo, in un'energia differente, avesse messo in atto misfatti protetto dall'oscurità della coscienza, con l'entrata in questo numero la luce porrebbe in completa evidenza il suo agire.
E', quindi, il completamento della luce che illumina ogni angolo dell'oscurità, di ciò che prima era celato.

Il 22 trova ampio spazio nei riferimenti sacri di tutte le culture: pensiamo alle lettere dell'alfabeto ebraico o ai 22 Arcani maggiori dei Tarocchi; 22 sono anche le lettere dell’alfabeto akkadico, fenicio, egizio, ebraico, arabo e aramaico.

Ventidue sono i libri del Vecchio Testamento e anche le cose formate da Dio nei sei giorni della Creazione e per questo viene chiamato il numero di “tutto ciò che esiste”; in esso è racchiuso il segreto della manifestazione dell'universo da parte di Dio.

Sono 22 anche i capitoli dell'Apocalisse e del Vendidad (libro dell'Avesta), opera di Zoroastro.

Le rivelazioni da parte di Allah a Maometto durarono quasi 22 anni e nel Corano la parola “trono” compare 22 volte.

Anche Pitagora fu formato dai sacerdoti egizi nell'arco di 22 anni.

Il numero 22 lo ritroviamo nei Rudra, ossia le incarnazioni di Shiva, che trasformano gli uomini in dei, sia nel bene che nel male.

Il 22 Marzo è considerato il primo dei tre giorni in cui Cristo risorge dalla morte.

Nel cerchio si possono inscrivere solo ed esclusivamente 22 poligoni regolari.

Gli aminoacidi implicati nella formazione della vita sono 22 e abbiamo 22 paia di cromosomi omologhi, ossia non sessuali, nelle cellule del nostro corpo.

La testa dell’uomo è composta da 22 ossa.

Ventidue, infine, sono i quarti di tono dell’ottava musicale.

Lo zero, in relazione agli Archetipi, è il secondo numero da affrontare: con la Tav siamo alla loro fine, al ventiduesimo gradino; ma siamo anche allo zero di un nuovo giro della ruota, che riprenderà con l'uno, con l'Aleph.

Numero zero ESCAPE='HTML'

Lo zero precede tutti i numeri positivi e segue tutti i negativi.

E' un simbolo più che un numero ed è fondamentale per la matematica; esso rimane nullo quando viene moltiplicato, addizionato, diviso o sottratto per se stesso;

se accostato a un altro numero ne esalta l'energia.

Lo ritroviamo in epoca sumerica e nell'antico Egitto, mentre i Maya lo utilizzavano solo come simbolo religioso.

Il matematico arabo Muhammad ibn Musa al Khwarizmi è considerato, in ogni caso, il padre dello zero, poiché lo portò alla ribalta e lo inserì fra i numeri arabi (800 d.c.); mentre in occidente Fibonacci lo utilizzò nel 1202.

Allo zero sono stati dedicati interi trattati non solo di matematica e fisica, ma anche di filosofia, religione e spiritualità: indica infatti il nulla, il vuoto, l'assenza.

Esotericamente incarna l'Iniziato nel suo stato di “non esistenza”, concetto molto presente in dottrine come il taoismo, con il suo vuoto assoluto, o il buddismo che parla del grande vuoto che riassorbe tutti gli esseri al termine delle loro incarnazioni.

Lo troviamo nello zen che lo racconta come “il cerchio”, ossia l'atto finale, l'illuminazione; nella kabbalah, che parla dell' En-soph, che vedremo in seguito, e anche fra i pitagorici, che lo contemplavano come forma perfetta, da cui tutto ha origine.

I pitagorici consideravano i numeri pari come energia femminile e i dispari come energia maschile, mentre lo zero veniva concepito come l'androgino primordiale. La materia primordiale (Caos), affermavano, nasce per essere ordinata, ma prima non esiste nemmeno come caos; ciò non è in alcun modo concepibile dal pensiero umano, ma l'immaginavano come un grande buio, colmo di eterna energia.

Jung affermava che il simbolo del cerchio associato allo zero, grazie alla sua forma grafica, si manifestò sia nel culto solare primitivo che nelle religioni più moderne (buddismo tibetano): immergendosi in una fase contemplativa lo zero rappresenterebbe il vuoto circostante, lo spazio.

Associato allo zero ritroviamo, anche, il concetto di silenzio tanto caro al buddismo e al taoismo, indispensabile per lasciarsi riempire e guidare dal vuoto-non vuoto, in cui ci si unisce con ciò che viene chiamato Dio (sebbene sia un modo improprio per chiamare questa Energia in base a queste filosofie orientali).

Le aureole di santi e dei indicavano proprio il raggiungimento dello stato espresso dal numero zero.

Il silenzio è anche una condizione indispensabile per le operazioni magiche, durante le quali ogni suono è attentamente misurato nel tempo e nello spazio.

Lo zero indica il Verbo o Logos; rappresenta il disco di Vishnu, lo Spirito della vita e dell'immortalità. Disegnato come serpente che si morde la coda, l'ouroboros, è il simbolo della Sapienza infinita.

E' l'Assoluto, la Causa senza Causa, il Senza Nome, il Totale Universale, l'Uovo cosmico” o “Uovo orfico”.

Uovo orfico ESCAPE='HTML'

Il simbolo dell'uovo associato allo zero, presente in tutte le culture del mondo e in ogni epoca, non viene giustificato unicamente dalla sua rappresentazione grafica: simboleggia l'unità primordiale, la totalità perfetta, indivisa; è un simbolo che racconta di “un momento” antecedente alla nascita dell'universo.

Le antiche civiltà lo consideravano la rappresentazione del grande mistero della creazione, poiché dal nulla, con il solo ausilio del calore, crea la vita.

E' un nulla latente, in grado di produrre la vita e in grado di riportare ogni elemento alla purezza originaria, dopo la corruzione prodotta dalla formazione della materia.

Veniva visto come un “essere non essere” primordiale.

In Egitto era rappresentato dalla fenice: il nido da lei lasciato prima di morire, con la combustione generata dai raggi solari, si trasformava in un uovo dal quale rinasceva ciclicamente, come dallo zero rinasce l'uno.

Si riferisce, quindi, non solo alla nascita, ma alla rinascita eterna.

Il cerchio, in quanto figura geometrica, veniva associato all'uovo ed è bella la definizione di Pascal che definiva Dio “un cerchio, il cui centro è dappertutto e la circonferenza in alcun luogo”.

 

Passiamo ai Tarocchi: Il Matto è la carta che dà senso alle ventuno precedenti Lame degli Arcani Maggiori e rappresenta la chiave per comprendere tutti i misteri.

Tarocchi: Il Matto e Taw ESCAPE='HTML'

Rappresenta le energie originarie del caos, l’energia vitale così come era prima dell'incarnazione.

Possiede due posti contemporaneamente, poiché le Lame vengono posizionate in cerchio: può avere valore 22 se lo consideriamo come conseguenza delle 21 Lame precedenti, ma anche valore zero, se lo osserviamo come un nuovo inizio della ruota.

Il posto esaminato incide sulla sua interpretazione simbolica: se noi lo stessimo guardando senza avere compiuto i ventuno precedenti passaggi, ne avremmo un'accezione negativa: rappresenterebbe, infatti, l'uomo privo di senno, passivo, che si lascia condurre ovunque da forze a lui sconosciute, senza alcuna consapevolezza, prigioniero perfino della sua stessa sete di libertà.
Ma noi lo analizzeremo dal punto di vista in cui ci troviamo dopo il nostro lungo viaggio fra gli Archetipi: questa Lama rappresenta la libertà, ma in uno stato che è necessario comprendere.

Simboleggia l'autonomia, la creatività, l'entusiasmo, la fede, la spontaneità, le infinite risorse dell'essere umano, l'istinto attivo e capace di sublimazione.

E' l'anticonformista, il ribelle, lo stravagante, l'innocente e il folle, colui che compie azioni incomprensibili rispetto all'omologazione della massa prigioniera delle maschere sociali; è il diverso per eccellenza.

Indossa con regalità le proprie convinzioni ed è separato dal mondo profano di cui mette in discussione, con acutezza, tutte le contraddizioni, anche se le sue idee rimangono incomprensibili ai più.

Viene osteggiato, deriso, combattuto, perfino incarcerato e ucciso, come insegna bene il Cristo, ma niente sembra smuovere la sua incrollabile fede nella verità che ha lasciato emergere dal profondo di se stesso e che non è più cieca come per i profani.

Il Matto ha visto luoghi che pochi esseri umani hanno potuto ammirare e nulla potrà mai riportarlo alla vera follia di coloro che, senza conoscerne i motivi, adottano comportamenti prestabiliti da una massa in preda al dominio di poteri esterni, di cui spesso non è nemmeno consapevole e che sono contro il suo stesso essere.

Nella Lama emerge un personaggio pittoresco, vestito con abiti multicolori, a indicarne l'eccletticità. E' completamente vestito, poiché la verità che incarna non è facilmente accessibile a chi lo osserva.

Anche la barba mette l'accento su questa difficoltà di interpretazione di ciò che egli è realmente, in quanto essa cela il viso di un individuo e il volto è il simbolo della verità; difatti, quando vogliamo riconoscere qualcuno dobbiamo guardarlo in faccia.

Il cappello del nostro personaggio appare come un'aureola di cerchi che simboleggiano la continua evoluzione attraverso le varie ruote della vita; è posto nella parte più alta del corpo, a indicare le tensioni verso le cose celesti. Oltrepassando la testa, inoltre, simboleggia tutto ciò che viene superato; pensiamo alla locuzione “coronare un'impresa”.

E Il Matto, difatti, è il coronamento dell'impresa alchemica.

Ha lo sguardo molto aperto: i suoi occhi non sono ciechi poiché in lui la verità è sbocciata e avanza verso il futuro col sorriso sulle labbra, nonostante il morso della lince (in alcuni Tarocchi si tratta di un cane) sembri trattenerlo: non è più preda degli istinti e dalle proiezioni dell'inconscio, grazie al suo percorso iniziatico avennuto nelle precedenti Lame ed è quindi aperto e fiducioso nell'esistenza, incurante delle difficoltà della vita.

Ha un bastone (simbolo di potere) nella mano destra, che però viene quasi trascinato: pur essendo un uomo potente rinuncia a usare la sua forza, poiché non ha bisogno di affermare nulla di se stesso. E' ciò che è e il potere non è altro che il tentativo degli uomini di affermare la propria forza sugli altri, denunciando in tal modo, al loro interno, la presenza del suo opposto: la debolezza.

Porta sulle spalle un piccolo fagotto retto da un bastone, simbolo dei contenuti della mente, che qui troviamo in perfetto equilibrio: lo tiene in un modo improbabile, con la mano sinistra, ma sostenuto dalla spalla destra: questo perché l'agire del nostro protagonista è in equilibrio, poggia su salde conoscenze interiori e non è mai casuale.

Il tulipano rosso, sbocciato fra i piedi, rappresenta la fioritura del suo Spirito: tutto ciò che ha attraversato è terminato e per questo è rivolto all'indietro, verso il passato. Il fiore vuole dirci che quello che è stato conquistato, la ricchezza spirituale germogliata in lui, è ciò che comunque porterà sempre nel proprio cammino: difatti si trova in mezzo ai suoi piedi.

Inoltre possiede una cintura d'oro, simbolo della propria regalità portata in equilibrio (si trova al centro del corpo).

Il nostro protagonista ha il sedere esposto, ma lui non prova alcuna vergogna, ha perduto il pudore che attanaglia gli uomini che pur di non essere preda della derisione altrui rinunciano alla propria sovranità e si conformano alle masse; avanza sereno ed è libero di essere ciò che è.

La lince tenta vanamente di fermare l'avanzata del nostro protagonista che sembra non curarsene, a indicare che ha vinto la propria battaglia contro le paure e la sofferenza del corpo. Questo animale ha una vista acutissima e in grado di vedere nel buio così come l'uomo che incarna la Taw ha illuminato ciò che dimora nell'oscurità.

Egli ha svelato la parte nascosta della creazione, e procedendo nel nostro lavoro lo vedremo bene, e ha compreso che questa forza celata è ciò che lo trattiene, ma che, nello stesso tempo, lo fa procedere.

Ed eccoci arrivati ad analizzare la chiave di volta di questa Lama: la figura più esplicativa è quella nello sfondo: abbiamo un rettile, un drago secondo l'interpretazione di alcuni; gli occultisti lo chiamano “il guardiano della soglia”, entità che l'iniziato deve superare per essere libero.
I rettili hanno una grande capacità di mimetismo ed è questo che permette loro di essere abili e longevi predatori; il coccodrillo vive nelle acque primordiali del caos (simbolicamente) e qui si occupa della parte sommersa e invisibile.

Rappresenta l'attivatore delle prove della vita.

I draghi sono presenti in innumerevoli storie mitologiche e fantastiche di molti popoli e sono a guardia di tesori fantastici: l'uomo che riesce a vincerli ne entra in possesso; ovviamente non si tratta di forzieri d'oro materiale, ma di conoscenza arcaica, di cui sono i custodi dalla notte dei tempi.

Ma cosa significa realmente vincere tale drago? Significa comprenderlo.

Il rettile, nella Lama, osserva attentamente il Folle, e poggia su un obelisco (simbolo fallico di attività) rovesciato in orrizzontale, a indicare che in quel momento è passivo; a seconda di come il Matto si muoverà, lo farà anch'esso, poichè è la forma “reagente” della creazione, che non è mai casuale.

Non è un nemico, è semplicemente la parte negativa del mondo, quella nascosta, che per permettere alla polarità neutra di avere movimento, agirà di conseguenza.

Il rettile, in quanto simbolo, toglie dal Tutto e permette alla parte visibile di emergere ma, nel contempo, anche se in modo occulto, dà vita al suo opposto.

“Cosa deciderà di fare il nostro personaggio?”, sembra domandarsi il rettile.

La figura è ferma, immobile, è pronta a “reagire” in qualsiasi direzione il Folle deciderà di avanzare.

La Lama ci dice che siamo in un nuovo inizio e tutto dipenderà dalle nostre scelte: ma attenzione, ci dice questo Archetipo, devi essere consapevole che ogni tua creazione formerà sempre una polarità, un dritto e un roveschio, un positivo e un negativo e il rettile, l'antagonista, tesserà la tela dell'esistenza al rovescio.

In definitiva, ci dice, ogni cosa che hai creato, deriva dalle tue stesse scelte di Creatore

Sei libero davvero? Scegli bene. La libertà senza equilibrio e consapevolezza può condurre alle tragedie più grandi nell'esistenza umana.

 

Dopo avere analizzato Il Matto possiamo iniziare a parlare con più facilità della parte scientifica, che nei precedenti Archetipi abbiamo affrontatato sottoforma di geometria, ma che qui non può esserci, visto che parleremo di ANTIMATERIA.

Sappiamo che ci troviamo, a questo punto, in un piano cosmico; il ventiduesimo Archetipo non riguarda più l'individuo e basta, ma è ormai parte di un qualcosa di più grande, della Creazione tutta, invisibile e visibile, priva di confini.

Il Prof. Luca Venturelli, che lavora al Cern di Ginevra, dove viene studiata proprio l'antimateria, ce ne parla in modo mirabile.

Dell'universo noi conosciamo solo una piccola parte, circa il 4%; il rimanente 96% è ignoto, anche se sappiamo possedere massa ed energia che vengono chiamate oscure, proprio per la nostra mancanza di nozioni.

Anche l'universo visibile nel suo 4%, tuttavia, è colmo di misteri e uno di questi è l'antimateria.

Oggi sappiamo che accanto a ogni particella elementare esiste una particella gemella, che chiamiamo anti-particella, che ha delle caratteristiche identiche a quelle della particella, come per esempio la massa, e altre che sono uguali, ma di segno opposto, come per esempio la carica elettrica.

Se consideriamo l'elettrone, che ha carica elettrica negativa, la sua anti-particella è l'antielettrone, che ha carica elettrica positiva; viene chiamato anche positrone.

Elettrone  positrone ESCAPE='HTML'

La prima particella di anti-materia è stata rilevata nel 1932 da Anderson, mentre osservava le tracce lasciate dai raggi che provengono dal cosmo, impresse in lastre fotografiche; da lì in poi sono state scoperte tutte le altre anti-particelle, anche quelle composte come l'antiprotone e l'antineutrone.

Al Cern c'è il più grande acceleratore del mondo, una struttura ad anello lunga 27 chilometri in cui si muovono dei protoni a una velocità elevatissima, quasi a quella della luce. Vi è anche un deceleratore, un piccolo anello di 200 metri, di antiprotoni, ossia l'esatto opposto di quello che viene studiato nell'acceleratore poiché si vogliono avere antiparticelle quasi ferme.

Nel 2012 è stato rilevato per la prima volta, anche se teorizzato già nel 1964, il bosone di Higgs, chiamato anche la particella di Dio, grazie al quale ogni cosa ha una massa.

Bosone di Higgs ESCAPE='HTML'

I fisici hanno dimostrato che il vuoto, chiamato “campo di Higgs”, non è tale, ma contiene in potenza gli oggetti materiali: interagendo con particelle di massa nulla, ne permette la manifestazione oggettiva.

Attualmente vi sono esperimenti che stanno studiando l'anti-idrogeno;

- un atomo di idrogeno è composto da un protone e da un elettrone,

- mentre l'anti-idrogeno dal loro opposto: il positrone (altro nome dell'antielettrone) e un antiprotone.

Idrogeno e anti-idrogeno ESCAPE='HTML'

Tutto lo studio dell'antimateria è complicato dal processo di annichilazione: quando materia e antimateria si incontrano, annichilano, ossia si distruggono e al loro posto viene emessa della radiazione elettromagnetica, che trasporta con sé l'energia che era contenuta nella materia e nell'antimateria.

Attraverso il confinamento dell'antimateria in campi appositamente costruiti, al Cern vengono condotti tali esperimenti e nel 2002 sono stati rivelati per la prima volta gli anti-idrogeno e quindi sono stati prodotti a milioni. Si tenta di misurarne l'energia come si fa con l'idrogeno, anche se per ora con scarso successo, ma gli scienziati ritengono debbano essere identici.

Perchè vengono fatti questi studi? Nell'universo non sembrano esistere un

anti-mondo, un'anti-terra, o un'anti-stella, dai quali arriverebbero gli

anti-atomi, ma ciò risulta strano, in quanto è plausibile che all'origine dell'universo sia stata prodotta tanta materia quanta antimateria; non si sarebbero dovute, quindi, annichilre?

Non avrebbe dovuto esserci nulla e invece il nostro universo esiste; sappiamo che vi è materia e dobbiamo presupporre anche l'esistenza dell'antimateria.

Sono studi promettenti, che potrebbero un giorno riscrivere tutte le leggi della natura conosciute, ma, soprattutto, fornire una nuova fonte energetica potentissima: mezzo grammo di materia, unito a mezzo grammo di antimateria, produrrebbero, annichilendosi, la stessa quantità di energia rilasciata dalla prima bomba atomica.

E' evidente che non dovrebbe essere usata in tal senso, ma potrebbe, per esempio, diventare il carburante primo per i viaggi nello spazio a velocità elevatissime, e poi chissà...

A titolo informativo, senza dilungarmi troppo per non appesantire ulteriormente il lavoro, accennerò a due importanti teorie legate al nostro Archetipo e alla fisica quantistica:

secondo la teoria dell'inerzia del vuoto quantico, la materia resiste all’accelerazione non a causa di una sua innata proprietà, ma perché il vuoto quantistico produce una forza di resistenza proporzionale all’accelerazione.

Infatti il vuoto non è vuoto ed è stato dimostrato che, per esempio, se all’interno di un sistema, togliamo ogni particella e ogni campo, rimane sempre un’energia di fondo, la cosiddetta energia del “vuoto”, definita anche energia del punto zero.

Tesla dimostrò, già un secolo fa, l'esistenza di campi elettromagnetici opposti che, pur annullandosi fra loro, permettono la trasmissione di energia a grande distanza e senza nessuna perdita.

Tesla ESCAPE='HTML'

Scrisse: “Ho scoperto una fonte di energia sconosciuta e inesauribile che può essere utilizzata. Ovunque, nel cosmo, vi è energia”.

 

I tachioni sono un altro argomento caldo e controverso, poiché superano la velocità della luce, comportamento escluso dalla relatività che, però, si riferisce a particelle “materiali”, dotate di massa positiva.

Il tachione con massa “immaginaria”, se elevato al quadrato si negativizza e viene ad acquistare delle proprietà davvero uniche: essendo di massa negativa, non appena si trova vicino a una positiva (cioè qualsiasi cosa comune che noi conosciamo) viene respinto; ma in che modo?

Con un comportamento contrario a quello delle particelle positive: più forte è la spinta più decelera; meno si spinge più accelera.

Questo ci porta a pensare che togliendogli completamente l'energia, potrebbe avere una velocità infinita.
Inoltre, i tachioni nascono a una velocità superiore a quella della luce. La luce è il nostro spettro visivo: questo significa che, essendo la loro nascita più veloce del nostro spettro visivo, noi vedremo sempre prima la loro distruzione e poi la loro creazione.

Il tempo si inverte: dal futuro, al passato.

E' un mondo al contrario, insomma, il mondo del nostro Archetipo.

Grazie allo studio della Taw ci risulta abbastanza semplice comprendere ciò che anche la scienza sta cominciando a rivelare, ma che le scienze esoteriche, come dimostrano i Tarocchi, conoscevano già.

 

Passiamo all'ermetismo e all'alchimia.

Siamo arrivati alla fine dell'Opera al Rosso e l'alchimista è arrivato al magistero di questa fase, poiché dopo numerosi processi di distillazione e sublimazione, attraverso il Fuoco, ossia lo Spirito, ha realizzato, in se stesso, una materia estremamente pura.

Ha unito il microcosmo della soggettività con la molteplicità dell'intero universo e ha compreso come dipendano una dall'altra.

Il nostro Alchimista, in questa fase, è arrivato a comprendere perfettamente l'Ombra e ogni sua contraddizione.

Gli alchimisti parlando del raggiungimento del “Corpo di luce”, essenza stessa della creazione al suo principio e che dimora in ogni creatura come “scintilla divina”, ove sono contenuti tutti i talenti in forma potenziale.

Gli studiosi di alchimia parlano di questo ultimo scalino raccontandolo come il raggiungimento di una “Materia Prima”, un simbolo alchemico che riflette l’idea che tutto l’universo abbia avuto origine da una base primitiva e senza forma.

Questo materiale originale è ciò che rimane alla fine della Grande Opera, dopo avere scomposto ogni elemento nella sua essenza più pura.

L'Alchimista è ora privo di ogni dualità, Spirito e Materia sono un'unica realtà e in questa fase l'esistenza diventa autocosciente.

L'idea di “Materia Prima” risale ad Aristotele che intuì l'esistenza di un'energia che tiene unite tutte le altre, pur rimanendo invisibile; ne parla come un campo di puro potenziale che può nascere solo quando è incarnato in una “forma”.

 

E' interessante introdurre, molto brevemente, l'ermetica figura simbolica chiamata Abraxas, definito il “supremo ignoto”.

Abraxas e Taw ESCAPE='HTML'

Rappresenta un essere fantastico dalla testa di gallo, il tronco di uomo e due serpenti come gambe. E' munito di frusta e di scudo.

Il gallo rappresenta il primo sole (la verità che sorge) che emerge dopo le tenebre; il busto è androgino, avendo due seni femminili, a indicare l'avvenuta unione degli opposti e gli arti inferiori, due serpenti che guardano in senso opposto, ossia la conoscenza necessariamente duale, con cui l'essere avanza. La frusta, antico simbolo di potere egizio, e lo scudo solare, indicano il completo potere (della Luce) di cui è portatore.

Questo simbolo proviene dalla sapienza gnostica del maestro alessandrino Basilide (I sec. d.c.) ed è stato adottato da templari, massoni, cabalisti, occultisti ed ecclesiastici: viene definito il “Dio duro da conoscere” o “il nucleo occulto”, poiché l'uomo non lo riesce a vedere in quanto gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.

Jung ne parla come materia informe, priva di ogni ordine e forma percepibile alla ragione. Rappresenta la dualità intesa come potenziale.

Abraxas è prima di ogni effetto e prima di ogni causa, essendo esso stesso causa e oggetto in potenza; è ciò che non si genera né si distrugge, un infinito oceano di potenzialità di cui ogni cosa materiale è un temporaneo riflesso.

La parola magica “abracadabra”, (una chiave che apre le porte, e ora ne comprendiamo il motivo) è una trascrizione di Abraxas.

 

Nell'ebraismo Taw (o Tav) significa impressione, sigillo, marchio.

E' l'ultima lettera dell'alfabeto e significa “Sigillo di Dio” e “Porta del Cielo”.

Lettera Taw ebraismo ESCAPE='HTML'

E' la lettera che “reagisce“ a tutte le precedenti: da una si passa all'altra, per terminare con la Taw che, invertendo ogni azione nell'infinito spazio, ci porta a una nuova partenza.

Taw è il segno che Dio fece sulla fronte di Caino, a ricordo della sua nobile anima che scelse di affrontare la caduta, quindi la separazione da Lui.

E' il marchio posto sulla fronte delle anime destinate alla vita eterna.
Viene detto: Taw fa morire e Taw fa vivere.

Simboleggia il paradosso dei paradossi, poiché ha a che fare con le energie più oscure, ma, contemporaneamente, con lo scoprire che esse contengono la radice più sublime che vi sia.

Mi vengono in mente, a questo proposito, le parole di Thoth nelle Tavole di Smeraldo, nella quinta, in cui invoca lo Spirito di Luce con queste parole: “Colma il mio corpo o Spirito di Vita, colma il mio corpo con lo Spirito della Luce. Vieni dal FIORE CHE SPLENDE NELL'OSCURITA'...”; indica chiaramente come la Luce più pura dimori nel buio più fitto.

La Taw rappresenta un sigillo in quanto è l'ultima lettera e sigilla le precedenti.

E' un marchio perché è ciò che viene lasciato nell'Essere destinato alla vita eterna; è quindi il Sigillo di Dio, la consapevolezza dell'apertura verso l'infinito.

In aramaico tau significa “di più ancora”, poiché l'essere che incarna la Taw, a questo punto, ha visto l'eternità con i propri occhi.

Indica il percorso terminato con la “Grande Verità”.

E’ la parte più bassa prima di una nuova risalita. Rappresenta la chiusura delle vite precedenti. E’ la sorgente dell’ispirazione.

Racchiude in sé tutti gli elementi separati, li fonde. Esprime il paradosso delle contraddizioni, riunendole.

Simboleggia una croce, in quanto ogni dualità viene crocifissa e ricongiunta: ogni elemento duale deve essere “ucciso”, nel senso che deve perdere la propria individualità (il braccio orizzontale della croce rappresenta un polo e quello verticale il suo opposto, uniti al centro) compiendo così la reintegrazione e la possibilità di un nuovo inizio.

Taw è infatti l'ultimo passo prima della nuova Creazione.

Rappresenta l'individuo in completa armonia con tutto ciò che lo circonda.

La Taw rompe il principio vita-morte cominciato con l'Aleph e incarcerato dalla Beth; è al di là di vita e morte ed è quindi uno strumento di liberazione.

Taw è la coscienza duale inchiodata fra spazio e tempo, in quell'istante inafferrabile, il qui e ora, in cui l'infinito sposa il finito.

 

In ghematria la Taw ha valore 400. Viene indicato come il numero del compimento: tanti sono stati gli anni di esilio in Egitto e della costruzione dei mondi inferiori.

Numero 400 ESCAPE='HTML'

Quattrocento sono le miglia persiane a cui la Terra di Israele tende. I mondi di gioia e beatitudine sono 400 e rappresenta, quindi, l'abbraccio di tutti i desideri dell'anima.

Nella scienza ebraica troviamo anche il concetto di Ain-Soph (o En-Soph), il Mistero dei Misteri, il Nulla metafisico; Ain significa nulla.

E' il senza fine, l'impersonale e l'inconoscibile; è l'ignoto degli ignoti impossibile da classificare. Sembra non essere nulla, pur essendo eterno e immutabile, poiché solo le leggi dei contrasti possono avere presa sulle nostre percezioni.

E' privo di forma o essere, poiché non ha nulla che possa somigliargli essendo un termine di negazione: è il NON di ogni cosa manifesta, senza limiti, senza confini. E' l'essere non Essere.

 

Le culture che più si sono dedicate all'esplorazione di ciò che esprime la Taw, tuttavia, sono quelle orientali, come il buddismo; da millenni parlano ed esplorano il Nulla o Nirvana.

 

Nascita del Buddha e Taw ESCAPE='HTML'

Il Nirvana è lo stato raggiungibile dall'uomo grazie a un'intensa attività meditativa che giorno dopo giorno lo esercita a confrontarsi con il Silenzio.

Non si tratta di un annientamento, di un nulla, ma è uno stato incondizionato, che è e non è al medesimo tempo, e che si identifica con l'immortalità.

E' la liberazione finale dall'illusione; quest'ultima ti fa percepire la materia in modo duale e, come abbiamo bene visto, rappresenta unicamente un frammento di un'unità altrimenti indistinguibile, se non attraverso un processo illusorio di creazione di opposti.

Il buddismo insegna che sin dal principio tutti gli esseri sono dei Buddha, che è l’inizio, il centro e la fine. È tutto. L’alfa e l’omega.

Buddha è la consapevolezza tornata a se stessa.

Esistono tre corpi, ci insegna il buddismo: quello fisico, profondamente gelato, il secondo liquido e il terzo è vapore.

Quando il liquido del secondo stato evapora diventa invisibile, non si può nemmeno versarlo in un recipiente come accade con l'acqua e, proseguendo nell'esplorazione della profondità, si raggiunge il terzo, l'essenza, chiamato il Corpo della Verità.

Qui non c’è azione e non c’è non-azione. Tutto è scomparso, ogni dualità è scomparsa, si è arrivati all'essenza intima dell’esistenza, al Nirvana.

Buddha dice: “ Quell’essenza è il Nirvana e tu non devi andare in nessun luogo per trovarla, te la stai portando dentro da sempre.Va col vuoto tra le mani, poiché questo è tutto. Questo è il mio dono. Se riesci a portare il vuoto tra le tue mani, allora ogni cosa diventa possibile. Non portarti dietro i tuoi pensieri, la tua conoscenza, non portarti dietro niente di ciò che riempie il secchio e che non è altro che acqua, perché altrimenti guarderai sempre e solo il riflesso e nient’altro. Solo questo ti permetterà di alzare lo sguardo e vedere la vera luna nel cielo; ma prima devi avere conosciuto il sapore del vuoto, devi lasciar cadere il secchio della tua mente, dei tuoi pensieri: non più acqua né luna. Il vuoto nelle mani.”

Il buio, il vuoto, il nulla, rappresentano delle metafore di una dimensione ancestrale in cui la vita si ri-partorisce.

Donar Zohar, psicologa e studiosa di fisica descrive tale vuoto come il “campo dei campi”, come un oceano di potenzialità. Non c'è nulla di maggiormente pieno di energia del cosiddetto spazio vuoto, un'energia che annichilisce se stessa, rimanendo quindi invisibile, non contiene particelle di alcun tipo, eppure tutte le particelle sorgono come eccitazioni al suo interno.

Scienza e misticismo hanno raggiunto, in questa epoca, il matrimonio sacro.

 

Per i massoni la pietra angolare rappresenta la chiave di volta che esprime il coronamento dell'impresa di trasformazione.

Massoneria e Taw ESCAPE='HTML'

L'Iniziato, arrivato a questo punto, comprende che il proprio sapere potrà sempre e solo essere relativo, in quanto il lavoro continua in modo indefinito.

Ha preso consapevolezza della verità del Nulla, e compreso che il lavoro muratorio non ha mai fine e viene percorso a piccoli traguardi, tracciati dal loro simbolo, il compasso, in modo da potere essere percepiti dalla ragione.

Raccontano la storia di alcuni rituali in Babilonia: una sacerdotessa di Ishtar e uno schiavo si univano sessualmente. Lo schiavo veniva poi ucciso e questo poiché anche se fosse stato lasciato in vita l'uomo sarebbe stato un morto vivente per il resto dei suoi giorni dopo avere conosciuto il contatto con il superiore.

Il superiore annienta l'inferiore o investendolo di tale stato o distruggendolo, se privo di merito. Il drago che sconfigge i cavalieri vi riesce poiché non sono al suo livello e chi invece lo vince, trasforma se stesso, proiettandosi in un piano completamente nuovo.
 

Eccoci a parlare della Runa Bianca, che non possiede numero né geroglifico alcuno.

Ventiduesima Runa Wird Runa bianca ESCAPE='HTML'
Runa di Odino, Runa bianca o Wird ESCAPE='HTML'

E' chiamata anche Runa di Odino o Wird.

Esistono diverse opinioni a suo riguardo, non essendoci prove che fosse esistita prima che Ralph Blum, attorno agli anni 80, la menzionasse nella sua opera: “Il libro delle Rune”.

Nella prefazione Blum dichiara di essersi lasciato andare al proprio inconscio mentre lo scriveva in una canalizzazione che gli propose anche questa Runa. Ovviamente è stato molto osteggiato, ma noi, dopo avere sviscerato l'Archetipo Taw, ne possiamo dichiarare l'autenticità.

E' una Runa completamente bianca, vuota, vuoto è l'inizio, vuota è la fine.

Rappresenta la spiritualità, il destino che senza posa si genera e ri-genera, come fa la fenice dalle proprie ceneri. Simboleggia tutto ciò che è sconosciuto e imprevedibile.

E' il Tutto, poiché Odino creò le stelle, i pianeti, gli oceani, le montagne, gli esseri viventi, ogni cosa.

L'inconoscibile, denso e vuoto allo stesso tempo, comprende la totalità del Tutto.

E' la Runa del totale abbandono e fiducia.

Da lei e con lei emergono le più profonde paure, ma anche il bene supremo ed è colma di ogni genere di possibilità. Rappresenta l'evoluzione, la somma totale delle azioni e delle conseguenze.

 

Ed eccoci al nostro amato Osho.

Osho ESCAPE='HTML'

Ci narra la Taw così, alludendo a questo potenziale infinito ed eterno: “ La mente può accettare qualsiasi confine, ma la realtà è questa: per sua stessa natura l'esistenza non può avere alcun confine; infatti cosa ci sarebbe oltre quel confine? Di nuovo un altro cielo. Ecco perché affermo che cieli su cieli sono disponibili. Non accontentarti facilmente come fanno molti: si tratterebbe di una tua imposizione sulla tua stessa libertà, sulle tue possibilità illimitate, sul tuo potenziale sconfinato”.

 

Voglio aggiungere, a questo lavoro, un mirabile scritto di un'amica in ascesa, Roberta Carramusa e che parla perfettamente del traguardo, che ormai sappiamo non essere la fine, ma un nuovo inizio, espresso dalla Taw; leggerlo fa stare bene.

Spirito libero.


Lo riconosci subito lo Spirito libero: è quello che non si adatta, quello che non ci sta. La gente lo potrebbe immaginare come un folle, uno scapestrato, a causa del suo essere sempre al di fuori delle righe, diverso dagli altri; ma lui è diverso solo perché è rimasto se stesso, non si è adeguato solo per non essere giudicato dagli altri. Non ha paura di dire che bianco è bianco, solo perché tutti gli altri lo chiamano rosso.

Lo chiamano strano, diverso e quando vedono che non possono tenerlo con le briglie, si arrabbiano, dandogli colpe che non ha; ma lui prosegue per la sua strada senza preoccuparsi.
Qualcuno lo invidia, qualcuno lo odia e altri lo ammirano per questo suo modo di fare.

Ma poi, se lo conosci, capisci che uno Spirito libero è quello che rispetta le regole: non è un pazzo che passa col semaforo rosso o infrange i limiti di velocità. Rispetta le file al supermercato, aiuta chi è in difficoltà, ama gli animali, la natura, la vita.

Lo spirito libero cerca la sua libertà solo e sempre per lo scopo di essere se stesso, e per un fine ancora più grande: che ognuno possa esprimere la propria libertà.

E' al di sopra del giudizio, comprende e rispetta ogni persona diversa da lui, è nato senza barriere mentali, con un cuore più grande per potere amare di più e occhi che sanno guardare oltre le apparenze.

Uno spirito libero, se lo sai comprendere, sarà sempre una persona di cui potrai fidarti, perché non è altro che un portatore di luce e verità.

SHAMBALLAH

Shamballah e Taw ESCAPE='HTML'

La Taw apre le porte a tutte quelle dimensioni del pensiero che prima erano chiuse, sigillate. Non significa che nulla sarà più come prima, ma che l'approccio alle porte lasciate aperte dal vostro vedere, ora, sarà meno caotico, più computo.

La forma reagente non tralascia nemmeno un granello del passato che avete abbandonato e si tratta proprio di questo: il passato che viene ricompresso, disciolto, riamalgamato, per riproporlo in forme suoni, colori, che mai avevate sperimentato.
Vi facciamo un esempio: se state imparando a suonare il flauto all'inizio sarete incapaci, ma piano piano comincerete a possedere quelle abilità e raggiungerete la maestria.

Con la Taw la “forma maestra” viene dissolta, ma non eliminata: diventa coscienza cosmica, diventa appannaggio di tutti, pronta a essere riestratta così come l'avete prodotta, nella sua interezza, e ripresa da qualsiasi Anima volesse per portarla verso ulteriori sviluppi di maestria.

La forma reagente non dissolve ciò che è stato sperimentato, anzi! Lo amplifica, lo rende ordinato in qualsiasi altro mondo esso voglia essere usato e sperimentato.

Abbiamo avuto l'impressione in questo studio che tu abbia pensato che da qui cominci un nuovo mai visto; è vero, ma solo in parte in quanto, appunto, non si tratta di un nuovo senza alcun ordine!

E' un nuovo contenete tutte le informazioni della forma completa e finita e poi ridimensionata nel nuovo.

Non si perde nulla, si mantiene tutto ed è questo che vi apprestate a vivere: mentre nelle energie passate tutto veniva perduto, nessuno manteneva le proprie creazioni, come vi abbiamo già spiegato in alcune canalizzazioni, le forme complete arrivate alla Taw, rimangono intatte per l'eternità!

Siete entrati a pieno titolo nei Creatori di Mondi, non fate più scarabocchi, prove che poi scompaiono: voi create! Per noi, per gli altri Esseri, per tutti Noi.
Hai anche posto l'accento sul “materiale” che è necessario ammassare per avere questo risultato: ogni piccola particella negativa che viene accumulata nei mondi inferiori, viene convertita nel suo opposto nei mondi superiori, dove, ve lo rammento, dimorate anche voi da sempre e per sempre.

Il viaggio nei mondi inferiori, nei veicoli negativi della creazione, non deve comprendere affatto una visione parziale: è il totale che dovete tenere a mente ed esso è composto da energie negative che riescono, attraverso il loro slancio positivo, a creare la materia che voi chiamate positiva, che non è altro che una metà di un insieme.

@@@

Aggiungo un ultimo particolare: in questi giorni, mentre terminavo questo lavoro, continuavano ad apparirmi spirali doppie le vedevo.

Quelle che mi hanno colpita maggiormente sono le sette spirali doppie che si trovano nella “tomba della scacchiera”, scoperta in Sardegna e poi, inspiegabilmente, oscurata dalle autorità, chiusa.

 

Ho chiesto ai Maestri di illuminarmi sul loro significato e lo voglio condividere con voi.

Tomba  a scacchiera in Sardegna ESCAPE='HTML'

Le spirali rappresentano, nella forma da te richiesta, il movimento evolutivo della creazione: attraverso il movimento di andata e ritorno, di sopra e sotto, di negativo e positivo, si completa la creazione e la “morte” è il momento di inversione dei poli. La morte non esiste e questo lo sai: è un passaggio, un cambiamento di forma e di energia e tutti noi e voi lo abbiamo percorso sconfinate volte, in innumerevoli incarnazioni.

Quella tomba è un retaggio culturale della grande civiltà di Atlantide: ci sono 7 spirali perché sette sono i mondi da formare prima di avere terminato la creazione; sette volte andata e ritorno dai mondi superiori a quelli inferiori in un continuo salire e scendere per rendere manifesta, traendola dal Tutto, quella porzione di mondo che il creatore voleva far emergere.

Era una realtà ben conosciuta ad Atlantide, dove veniva studiata da quando si era bambini e costituiva il perno principale della loro cultura.
 

Il tetto a scacchi chiaro/scuro, rappresenta questo gioco della polarità ed è situato nel tetto della tomba proprio perché esso si trova in mezzo fra terra e cielo...quel gioco è il nostro e il vostro gioco.

Con amore.

@@@@@@

 

COMUNICAZIONE

 

Per quanto riguarda la Sephirah Daath, che nell'undicesimo Archetipo vi dissi che avrei trattato qui, devo correggermi: il posto perfetto per lei è proprio l'undicesimo Archetipo (a quel tempo non potevo capirne il motivo),